Cosa sono le Core Web Vitals?
Le Core Web Vitals sono un insieme di parametri che Google utilizza per misurare l’esperienza utente di un sito web, concentrandosi su tre aspetti chiave: velocità di caricamento, interattività e stabilità visiva. In pratica, queste metriche valutano quanto velocemente si caricano i contenuti principali della pagina, quanto rapidamente il sito risponde ai comandi dell’utente e quanto stabile è il layout durante il caricamento. I tre indicatori principali sono: il Largest Contentful Paint (LCP) per la velocità di caricamento, il Interaction to Next Paint (INP) per la reattività (che ha sostituito il vecchio First Input Delay, FID) e il Cumulative Layout Shift (CLS) per la stabilità visiva. Ognuna di queste metriche rappresenta un aspetto dell’esperienza utente reale: ad esempio, LCP misura in quanti secondi viene visualizzato l’elemento più grande della pagina (come un’immagine o un titolo), mentre CLS quantifica se gli elementi della pagina si spostano in modo inaspettato durante il caricamento (il classico “salto” di bottoni o testi). INP, novità introdotta pienamente nel 2024, osserva tutti i tempi di risposta alle interazioni dell’utente, non solo la prima, dando un quadro più completo della performance web in termini di interattività. In sostanza, le Core Web Vitals sono state pensate per rappresentare ciò che l’utente vive navigando il sito: un sito con valori CWV ottimali appare veloce, fluido e stabile agli occhi di chi lo visita.
Perché le Core Web Vitals sono importanti nel 2026
Ottimizzare queste metriche è diventato essenziale per due motivi principali: migliorare la UX e mantenere un buon Google ranking. Dal punto di vista dell’utente, un sito che carica velocemente e reagisce prontamente offre un’esperienza piacevole, aumentando la probabilità che il visitatore rimanga più a lungo, interagisca con i contenuti o completi una conversione (come un acquisto o una richiesta di contatto). Al contrario, se una pagina è lenta o instabile, gli utenti tendono ad abbandonarla in fretta: basti pensare che oltre il 50% dei navigatori su mobile abbandona un sito se il caricamento supera i 3 secondi. In altre parole, pochi secondi possono fare la differenza tra un utente soddisfatto e uno perso. Dal punto di vista di Google, le Core Web Vitals sono diventate nel tempo un fattore di ranking nei risultati di ricerca. Già a partire dal 2021 Google ha integrato queste metriche nei suoi criteri di posizionamento, nell’ambito dell’aggiornamento chiamato “Page Experience”. Ciò significa che, a parità di qualità dei contenuti, un sito con velocità sito e prestazioni migliori potrebbe ottenere una posizione più favorevole nei risultati di ricerca rispetto a un sito più lento. Google stessa sottolinea come avere buoni valori di Core Web Vitals aiuti sia a offrire un’ottima esperienza agli utenti, sia a “usufruire al meglio” della visibilità su Ricerca Google. Nel 2026 questa importanza è ancora più accentuata: gli standard si sono alzati e le attese degli utenti sono cresciute. Si prevede anche un inasprimento dei requisiti di Core Web Vitals 2026: ad esempio, si parla di soglie più rigide come LCP sotto 2,0 secondi e CLS sotto 0,08 per considerare una pagina veramente eccellente. In sintesi, investire nel miglioramento di queste metriche significa investire contemporaneamente sulla soddisfazione degli utenti e sul successo organico del tuo sito su Google.
Come misurare le Core Web Vitals del tuo sito
Prima di poter migliorare qualcosa, bisogna poterla misurare. Fortunatamente, esistono strumenti gratuiti e accessibili per valutare le Core Web Vitals del tuo sito. Uno dei più immediati è Google PageSpeed Insights, un tool online in cui basta inserire l’URL della pagina per ottenere un report delle prestazioni. Questo strumento fornisce sia dati di laboratorio (simulazione in condizioni standard) sia, quando disponibili, dati reali degli utenti (presi dal Chrome User Experience Report). Nella sezione dei risultati, PageSpeed Insights evidenzia i valori di LCP, INP e CLS della pagina e indica se rientrano nelle soglie di buona performance stabilite da Google. Un altro alleato fondamentale è Google Search Console: se hai verificato il tuo sito, potrai utilizzare il rapporto “Core Web Vitals” che raggruppa le pagine per stato (Buono, Necessita miglioramenti, Scarso) in base ai dati reali degli utenti. Questo report ti mostra rapidamente quante pagine del tuo sito hanno problemi di LCP, INP o CLS e necessita di interventi. Per un’analisi più approfondita, si possono usare strumenti come Lighthouse (integrato nei Chrome DevTools) o servizi come WebPageTest e GTmetrix, che offrono diagnostiche dettagliate su cosa rallenta o destabilizza le tue pagine. Tuttavia, se non sei un tecnico, la combinazione di PageSpeed Insights e Search Console è un ottimo punto di partenza: ti dirà se hai un problema e a grandi linee dove si trova. Ad esempio, PageSpeed Insights segnalerà quale elemento viene considerato per l’LCP (un’immagine specifica, forse) o se ci sono grossi layout shift responsabili di un CLS elevato. Armato di queste informazioni, sarai pronto per passare alla fase successiva: l’ottimizzazione.
Ottimizzare il Largest Contentful Paint (LCP) – Velocità di caricamento
Largest Contentful Paint (LCP) è la metrica che misura in quanto tempo viene caricato il contenuto principale di una pagina (tipicamente, il più grande elemento visibile nella finestra iniziale, come un banner, un’immagine hero o un titolo importante). Per fornire una buona esperienza utente, Google raccomanda che l’LCP avvenga entro 2,5 secondi dall’inizio del caricamento per almeno il 75% delle visite. In altre parole, la stragrande maggioranza degli utenti dovrebbe vedere il grosso del contenuto della pagina in pochissimi secondi. Come possiamo migliorare questo aspetto? Ecco alcune strategie chiave spiegate in modo semplice:
- Ottimizzazione del server e del hosting: La velocità con cui il tuo server risponde alle richieste (nota come Time to First Byte, TTFB) influenza direttamente l’LCP. Utilizza un hosting performante e, se possibile, una CDN (Content Delivery Network) per servire i contenuti da un server vicino all’utente. In questo modo, riduci la latenza e permetti al browser di iniziare a caricare la pagina più in fretta. Un server veloce è la base per un sito veloce.
- Caricamento prioritario del contenuto principale: Identifica qual è l’elemento LCP della pagina (ad esempio un’immagine di testata) e assicurati che venga caricato il prima possibile. Evita di applicare il “lazy loading” all’elemento principale sopra la piega – lo lazy load va bene per le immagini più in basso nella pagina, non per quella di apertura. Puoi anche utilizzare tecniche come preload per segnalare al browser di caricare in anticipo risorse cruciali (come l’immagine hero, i file CSS principali o i web font necessari per il testo in evidenza). In questo modo, quando la pagina inizia a caricarsi, i componenti più importanti sono già in coda di caricamento.
- Ottimizzazione di immagini e media: Spesso l’elemento più grande è un’immagine. Per migliorare LCP bisogna quindi velocizzare il caricamento di quella immagine (o video). Riduci le dimensioni dei file immagine comprimendoli e utilizzando formati moderni più leggeri (come WebP al posto di JPEG/PNG). Assicurati anche che le dimensioni (in pixel) dell’immagine siano adeguate: inviare un’immagine a risoluzione altissima per poi mostrarla piccola è uno spreco di tempo. Se il tuo sito è in WordPress o simili, puoi usare plugin di ottimizzazione immagini, ma fai attenzione a non sacrificare eccessivamente la qualità: l’obiettivo è trovare un equilibrio tra qualità visiva e peso del file. Per i video di sfondo, valuta la possibilità di mostrare un’immagine poster statica iniziale mentre il video vero e proprio si carica in differita.
- Eliminare i colli di bottiglia nel caricamento: File CSS e JavaScript pesanti possono ritardare la visualizzazione del contenuto principale. Questo perché il browser, di default, deve caricare e processare CSS/JS prima di mostrare completamente la pagina. Per migliorare l’LCP conviene minimizzare il render-blocking, ovvero ridurre l’impatto di quegli elementi che bloccano il rendering iniziale. Come fare? Innanzitutto, riduci la dimensione dei file CSS e JS comprimendoli e minificandoli (rimuovendo spazi, commenti, e codice inutile). In secondo luogo, carica gli script non critici in modo asincrono o differito (defer) così che non rallentino la costruzione della pagina. Ad esempio, gli script di analitica o di funzionalità non essenziali possono essere caricati dopo che il contenuto principale è già visibile. Per il CSS, concentra nell’head solo lo stile essenziale per l’aspetto iniziale (Critical CSS) e carica il resto con calma. Questo tipo di ottimizzazioni permette all’utente di vedere l’elemento più grande (e in generale l’interfaccia) velocemente, anche se in background altri script e stili stanno ancora caricando.
In sintesi, per migliorare l’LCP bisogna rendere più snello e veloce il caricamento iniziale della pagina: server rapidi, meno dati inutili da scaricare, e dare priorità a ciò che l’utente deve vedere subito. Applicando queste tecniche, il tuo sito mostrerà i suoi contenuti principali in un batter d’occhio, soddisfacendo utenti impazienti e ottenendo un giudizio positivo da parte di Google su questo importante parametro.
Garantire la stabilità visiva: ridurre il Cumulative Layout Shift (CLS)
Hai mai cliccato su un pulsante o un link, ma all’ultimo momento la pagina si sposta e finisci per cliccare qualcos’altro? Quel fastidioso spostamento è causato da un alto valore di Cumulative Layout Shift (CLS), la metrica che misura la stabilità visiva di una pagina. Un buon CLS, secondo le linee guida attuali, è inferiore a 0,1. In pratica, significa che la pagina deve evitare spostamenti di layout improvvisi e inattesi mentre carica nuovi elementi. Migliorare il CLS vuol dire assicurarsi che gli elementi della pagina “stiano fermi” dove ci si aspetta che siano, anche durante il caricamento. Ecco come riuscirci:
- Riservare lo spazio per immagini e video: Uno dei motivi più comuni dei layout shift è quando un’immagine (o un annuncio pubblicitario, un video incorporato, etc.) viene caricata senza uno spazio predefinito. Il contenuto sopra o intorno si sposta quando finalmente l’immagine compare con la sua dimensione. La soluzione è semplice e fondamentale: specifica sempre le dimensioni (larghezza e altezza, oppure l’aspect-ratio) nelle immagini e negli elementi multimediali. Così facendo, il browser “prenota” quello spazio durante il caricamento. Ad esempio, se sai che una foto deve apparire di 600×400 pixel, definisci questi valori nel codice HTML dell’immagine; in tal modo, anche se la foto impiega mezzo secondo a caricarsi, il box che la conterrà ha già quelle dimensioni e il testo attorno non sobbalza all’arrivo dell’immagine. Questo principio vale anche per i video embed e perfino per i banner pubblicitari: prevedi un contenitore di dimensioni fisse o massime, magari con un segnaposto (placeholder) colorato o un’animazione di caricamento, in modo che quando il contenuto esterno si carica non provochi slittamenti.
- Evitare inserimenti improvvisi di contenuti in alto nella pagina: Se durante il caricamento aggiungi elementi dinamicamente sopra altri contenuti (ad esempio un avviso banner che appare in cima dopo qualche secondo, spingendo tutto il resto più in basso), l’utente sperimenterà un brusco spostamento. Cerca di inserire eventuali contenuti extra al di sotto di quelli già visibili, oppure implementali in modo da non perturbare ciò che l’utente sta già guardando. Ad esempio, se devi far comparire un messaggio (come un alert, un popup o un form di iscrizione), valuta di usare modali sovrapposti oppure riserva uno spazio vuoto che poi verrà riempito dal messaggio, così il layout generale non cambia improvvisamente.
- Attenzione a font e elementi di rete: Anche il caricamento dei web font può causare cambi di layout (quando il font predefinito viene rimpiazzato da quello personalizzato, il testo può cambiare dimensione). Usa la proprietà
font-display: swap
nei @font-face o altre tecniche che evitino il “flash” di cambio font, oppure scegli font che non differiscono troppo nelle dimensioni dal fallback. Inoltre, elementi come i widget social, mappe o componenti caricati da terze parti possono iniettare HTML imprevisto: testali bene e, se possibile, dai loro un contenitore dedicato. - Delay di pop-up e annunci dopo il caricamento iniziale: Se alcuni elementi non critici (come banner dei cookie, moduli di newsletter, chatbot) compaiono dopo che la pagina è già renderizzata, assicurati che non si sovrappongano al contenuto causando rimbalzi. Una buona pratica è aspettare che il caricamento primario sia completato prima di mostrare questi elementi, oppure posizionarli in aree che non disturbano il flusso (ad esempio, un popup in overlay che non sposta nulla sotto di sé, o un banner che “spinge” il contenuto solo dopo aver riservato spazio all’inizio). L’obiettivo è che l’utente non abbia sorprese: nulla dovrebbe cambiare drasticamente proprio mentre sta per cliccare o leggere.
In breve, per ridurre il CLS occorre progettare le pagine pensando in anticipo a dove e come compariranno i vari elementi, in modo che il layout resti il più possibile stabile. Un sito che implementa queste accortezze darà un’impressione di solidità e cura: l’utente percepisce professionalità anche dal fatto che niente “salta fuori posto”. E dal punto di vista di Google, mantenere un CLS basso significa aver eliminato una fonte di frustrazione comune, rispettando un criterio importante delle Core Web Vitals.
Migliorare la reattività: Interaction to Next Paint (INP)
La metrica Interaction to Next Paint (INP) è diventata nel 2024 il nuovo riferimento per misurare l’interattività di un sito, andando oltre il vecchio indicatore FID (First Input Delay). Mentre il FID misurava solo il ritardo alla prima interazione, l’INP osserva tutte le interazioni dell’utente durante la visita a una pagina e ne riporta il valore peggiore (escludendo eventuali outlier anomali). In termini semplici, l’INP risponde alla domanda: “Se un utente clicca, tocca o digita qualcosa sul mio sito, quanto velocemente vedrà una risposta visiva a quell’azione?”. Un buon INP dovrebbe essere idealmente inferiore a 200 millisecondi (0,2 secondi) per essere considerato “rapido” – ciò significa che, per la grande maggioranza delle interazioni, la pagina reagisce praticamente in modo immediato, quasi impercettibile all’occhio umano. Se l’INP è alto, l’utente percepisce lentezza: clicca un pulsante e niente accade per un attimo, così magari clicca di nuovo per la frustrazione, generando un’esperienza confusa e sgradevole.
Come si può migliorare la reattività del sito e abbassare l’INP? Ecco alcuni consigli focalizzati soprattutto sull’ottimizzazione del codice e dei processi che avvengono dopo il caricamento iniziale:
- Ridurre l’esecuzione JavaScript pesante: Molti ritardi nelle interazioni sono causati dal fatto che il browser è occupato a macinare codice JavaScript e quindi “non ascolta” immediatamente l’input dell’utente. Se la tua pagina carica grandi librerie o esegue lunghi script sul thread principale (main thread), i clic o le digitazioni potrebbero mettersi in coda ed essere gestiti in ritardo. Per evitarlo, rivedi i tuoi script: elimina quelli superflui, alleggerisci quelli indispensabili e suddividi le operazioni complesse. Ad esempio, se hai uno script che all’onload elabora un sacco di dati, valuta di posticipare quell’elaborazione (caricandola solo quando necessario o in lotti più piccoli). Può essere utile anche implementare funzionalità intensive in web worker (che spostano certi calcoli fuori dal thread principale) così da non bloccare l’interfaccia utente. In parole povere, snellisci e organizza il tuo JavaScript in modo che il browser sia il più libero possibile di rispondere ai comandi dell’utente in ogni momento.
- Ottimizzare gli handler delle interazioni: Analizza come il tuo sito gestisce gli eventi di click, tap e input da tastiera. Se un singolo click su un bottone scatena una valanga di funzioni e ricalcoli, probabilmente vedrai un ritardo nell’aggiornamento dell’interfaccia. Cerca di rendere più efficienti questi handler (le funzioni collegate agli eventi utente): ad esempio, evita di manipolare il DOM in modo inefficiente dentro un evento, evita loop o operazioni ridondanti e sfrutta tecniche come debounce/throttle per limitare la frequenza di esecuzione di eventi che possono accadere molte volte (come lo scroll o il resize). Spesso, migliorare la reattività significa anche rivedere l’esperienza utente: davvero serve ricaricare l’intera pagina ad ogni clic, o si può aggiornare solo una parte? Davvero serve verificare ogni singolo carattere digitato in un form in tempo reale, o si può far la verifica al termine? Piccoli accorgimenti possono ridurre il lavoro che il browser deve fare quando l’utente interagisce.
- Caricamento progressivo e codice su richiesta: Le moderne applicazioni web spesso caricano moltissimo codice all’inizio, anche funzionalità che l’utente magari non utilizzerà mai. Questo può rallentare sia il caricamento che la reattività successiva. Una buona pratica è il code-splitting: suddividi il tuo codice in moduli e carica parti di esso solo quando servono. Ad esempio, se una certa funzionalità si attiva solo quando l’utente scrolla molto in basso o apre una certa sezione, quel codice potrebbe essere caricato in modo asincrono al bisogno (lazy loading delle funzionalità). Così, quando l’utente interagisce con elementi basilari della pagina, il browser non è appesantito da tonnellate di script caricati ma inutilizzati. Meno codice da gestire immediatamente significa risposte più veloci.
- Mantenere fluida l’esperienza anche dopo il caricamento: L’INP considera l’intera vita della pagina, quindi non basta ottimizzare i primi secondi. Bisogna assicurarsi che anche dopo il caricamento iniziale l’applicazione web rimanga reattiva. Ciò implica monitorare e ottimizzare cose come: esecuzioni periodiche di script (setInterval troppo ravvicinati, ad esempio), caricamenti di dati aggiuntivi (fetch/API) che bloccano l’UI, oppure animazioni e transizioni non eseguite in modo efficiente. Utilizzare CSS per animazioni semplici (anziché JavaScript) e preferire proprietà CSS ottimizzate (come transform/opacità) aiuta a mantenere il framerate alto e l’interazione piacevole. Inoltre, verifica con strumenti come Lighthouse o Performance Monitor di Chrome se ci sono Long Tasks (task JavaScript che durano più di 50ms): ridurle o spezzarle migliorerà sensibilmente l’INP.
In sintesi, migliorare l’INP richiede un’attenzione particolare all’architettura e all’efficienza del tuo codice. Non si tratta solo di velocizzare il caricamento, ma di garantire che il sito rimanga scattante e reattivo mentre l’utente lo utilizza. Questo può richiedere un dialogo tra sviluppatori frontend e chi gestisce i contenuti o le funzionalità: magari certe animazioni pesanti vanno riviste, o certe funzioni differite. Il risultato finale, però, sarà un sito che “sente” immediatamente i comandi dell’utente e risponde senza esitazioni, offrendo un’esperienza di altissimo livello.
Monitoraggio continuo e migliori pratiche nel tempo
L’ottimizzazione delle Core Web Vitals non è un’attività “una tantum”, ma un processo continuo. Il web evolverà nel 2026 e oltre, e lo stesso faranno le aspettative degli utenti e i criteri di Google. Dopo aver implementato le migliorie iniziali su LCP, CLS e INP, è importante stabilire un sistema di monitoraggio regolare. Ciò significa tenere d’occhio i rapporti su Google Search Console: se lanci un restyling del sito o aggiungi nuove funzionalità, controlla nelle settimane successive se i valori Core Web Vitals sono cambiati. Allo stesso modo, PageSpeed Insights può essere usato periodicamente per testare pagine chiave (home page, pagine di categoria, landing page più importanti) e assicurarsi che rientrino ancora nei parametri ottimali.
Ricorda che ogni modifica al sito può influenzare le prestazioni: ad esempio, l’aggiunta di uno script di terze parti (un tool di chat, un nuovo tag di analytics, un video embedded) potrebbe rallentare il caricamento o introdurre layout shift. Prima di implementare cambiamenti significativi, conviene testarli in un ambiente di staging o almeno misurare l’impatto sulle metriche, così da poter correggere il tiro se necessario.
Un altro aspetto da considerare è l’esperienza su dispositivi differenti. Le Core Web Vitals vengono misurate separatamente su mobile e desktop: assicurati di ottimizzare il tuo sito pensando molto agli utenti mobile, che spesso hanno connessioni più lente e dispositivi meno potenti. Un sito “snello” e ben ottimizzato giova a tutti, ma soprattutto su smartphone noterai i miglioramenti (e Google prenderà nota positivamente, dato che l’indice di Google prioritizza l’esperienza mobile).
Infine, tieniti aggiornato sulle best practice. Google e la comunità di sviluppatori rilasciano continuamente nuove linee guida, tool e aggiornamenti (ad esempio, possibili nuovi parametri in futuro o soglie riviste per quelli esistenti). Fonti ufficiali come il blog di Google Search Central e Web.dev pubblicano studi di caso e consigli avanzati per ottimizzare le performance. Investire un po’ di tempo per formarsi e aggiornarsi su questi temi ripagherà in un sito più competitivo.
In conclusione, migliorare le Core Web Vitals nel 2026 significa unire buone pratiche tecniche e un approccio centrato sull’utente. Abbiamo visto come velocizzare il caricamento del contenuto principale, mantenere stabile il layout ed eliminare i ritardi nelle interazioni. Questi passi, sebbene descritti in termini semplici, possono richiedere interventi concreti da parte di sviluppatori o esperti di performance. Tuttavia, anche chi non è tecnico può trarre beneficio da questa guida per capire le priorità e dialogare meglio col proprio team tecnico o con agenzie specializzate. Il risultato sarà un sito web non solo premiato dagli algoritmi di Google ranking, ma anche dai visitatori in carne e ossa: utenti soddisfatti, coinvolti e più propensi a fidarsi del tuo brand. Nel web moderno, rapidità e user experience vanno di pari passo con il successo online – e le Core Web Vitals sono la bussola che ti guida in questa direzione.
Fonti:
- Google Search Central – Comprendere Core Web Vitals e i risultati di ricerca di Googledevelopers.google.comdevelopers.google.com
- Swerve Digital – What Are Core Web Vitals? Must-Know Performance Metrics (Aggiornamenti sui nuovi threshold 2026)swervedesigns.co.zaswervedesigns.co.za
- Marketing Dive – Google: 53% of mobile users abandon sites that take over 3 seconds to load (Statistiche sul comportamento utenti)marketingdive.com
- Serverplan Blog – Core Web Vitals: cosa sono e come ottimizzarli (Guida in italiano con consigli pratici)serverplan.comserverplan.com