L’evoluzione dei motori di ricerca ha sempre influenzato il modo in cui aziende e professionisti fanno SEO. Oggi ci troviamo di fronte a una delle svolte più significative: l’avvento della ricerca generativa basata su AI. Google sta integrando risposte generate dall’intelligenza artificiale direttamente nei risultati di ricerca, attraverso un’esperienza chiamata Google SGE (Search Generative Experience). In pratica, quando un utente pone una domanda complessa o cerca informazioni dettagliate, Google SGE genera in cima alla pagina un riepilogo AI con la risposta, citando le fonti utilizzate. L’utente ottiene subito le informazioni richieste “a colpo d’occhio”, senza dover aprire immediatamente altri siti.
Questa nuova modalità di ricerca sta cambiando radicalmente il panorama: le SERP tradizionali – fatte di dieci link blu – lasciano spazio a risultati arricchiti da snippet AI generativi. Man mano che gli utenti si abituano a ricevere risposte immediate, il loro comportamento di ricerca si evolve. Dopotutto, l’obiettivo è sempre stato trovare risposte rapide e pertinenti, e Google ora le fornisce direttamente nella sua pagina. Per chi si occupa di SEO, però, ciò comporta implicazioni importanti. Nei paragrafi seguenti vedremo come funziona SGE, quali rischi pone per il traffico organico (soprattutto delle PMI) e quali strategie adottare per prepararsi al futuro della SEO 2026 in un mondo di ricerca generativa.
Cos’è Google SGE e come cambia la ricerca su Google
Google SGE (Search Generative Experience) è un’esperienza di ricerca potenziata dall’intelligenza artificiale generativa. Lanciata in via sperimentale negli USA nel 2023, è stata progressivamente ampliata e nel 2025 ha iniziato a comparire anche sulle SERP italiane. A differenza della ricerca tradizionale, in cui Google mostra una lista di risultati organici ordinati per rilevanza, SGE genera in tempo reale un box di risposta dettagliato. Questo box AI unisce contenuti provenienti da diverse fonti autorevoli e li presenta in forma di risposta sintetica e conversazionale, direttamente dentro la pagina dei risultati. I link alle fonti originali sono comunque indicati (solitamente in fondo al riepilogo), ma passano in secondo piano rispetto alla risposta generata.
Visivamente, l’introduzione di SGE stravolge il layout della SERP. Spesso la “istantanea” AI occupa l’intera area iniziale dello schermo, soprattutto su dispositivi mobili, e spinge più in basso i risultati organici tradizionali. L’utente deve scorrere verso il basso per visualizzare i classici link ai siti web, dato che la panoramica generata dall’AI domina la parte superiore. Google può anche proporre domande di approfondimento sotto lo snippet AI, incoraggiando l’utente a proseguire la ricerca all’interno della stessa pagina senza tornare alla barra di ricerca. In alcuni casi (ad esempio per ricerche di shopping o locali) l’AI può mostrare schede di prodotti o attività, integrando immagini generate o risultati specifici.
In sostanza, con SGE Google sta diventando non solo un motore di ricerca, ma anche un motore di risposte. Il vantaggio per l’utente è evidente: ottenere subito informazioni utili e contestuali. Per i siti web, però, questa esperienza generativa significa meno visibilità immediata. Non basta più essere al primo posto tra i risultati organici per assicurarsi il clic dell’utente. Infatti, le fonti citate nel box AI non sempre coincidono con i primi risultati della classifica organica. Google seleziona e combina fonti in base alla pertinenza semantica e alla qualità, non semplicemente in base al ranking tradizionale. Ciò implica che anche un sito ben posizionato potrebbe essere “scavalcato” dal riassunto AI che magari attinge ad altri siti. In questa nuova ricerca AI-driven, la visibilità di un sito dipende sia dal suo posizionamento organico classico, sia dalla probabilità di essere incluso (citato) nella risposta generativa di Google.
Traffico organico a rischio: zero-click e impatto sulle PMI
L’introduzione di SGE solleva preoccupazioni concrete riguardo al traffico organico dei siti web. Se Google fornisce già in pagina la risposta, molti utenti non sentiranno la necessità di cliccare ulteriori risultati. Si parla infatti di un aumento delle ricerche zero-click, in cui l’utente ottiene ciò che cerca direttamente dal riassunto AI o dallo snippet in primo piano senza visitare alcun sito esterno. Questo fenomeno non è del tutto nuovo (già da anni Google offre snippet, definizioni, previsioni meteo e altre informazioni immediate), ma con SGE la portata delle ricerche senza clic sta crescendo ulteriormente.
I primi dati disponibili indicano un calo significativo del CTR (percentuale di clic) sui risultati organici quando è presente un box AI generativo. Ad esempio, un’analisi ha rilevato che le pagine posizionate nella top 10 ricevono meno della metà dei clic rispetto a una SERP tradizionale in presenza di un AI Overview. In altri termini, se prima 100 utenti cliccavano un risultato organico, con lo snippet AI attivo meno di 50 utenti effettuano il clic. Ci sono anche casi estremi: alcuni grandi publisher internazionali hanno segnalato crolli di traffico organico fino al 79% per specifiche query informative dove la risposta dell’AI soddisfa pienamente l’intento di ricerca. Questo impatto drastico ovviamente varia in base al settore e al tipo di ricerca, ma il trend generale è chiaro: i tassi di click-through organici sono in calo e una fetta crescente di utenti non abbandona la pagina di Google.
Un altro effetto collaterale di SGE è che essere primi su Google non garantisce più la stessa visibilità di un tempo. Poiché l’AI sintetizza contenuti da fonti diverse, può citare siti che non compaiono affatto tra i primi risultati organici. Il classico impegno SEO per conquistare la prima posizione resta importante, ma potrebbe non tradursi in traffico se il nostro sito non viene incluso anche nello snippet AI generativo.
Questi cambiamenti rappresentano un potenziale rischio soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI) e in generale per chi basa la propria strategia digitale sulla SEO. Ecco alcuni impatti concreti:
- Meno lead da content marketing: Aziende che investono in contenuti informativi per attrarre clienti potrebbero vedere un calo di lead e conversioni dal sito, se gli utenti ottengono già le informazioni in SERP senza visitare il blog.
- Calo di visibilità e autorevolezza: Professionisti e consulenti che costruiscono la propria reputazione online attraverso articoli e guide rischiano di perdere parte dell’esposizione. Meno click significano meno lettori sul sito e un indebolimento dell’autorità percepita, soprattutto se i contenuti non compaiono tra le fonti citate dall’AI.
- Revisione delle strategie di acquisizione: Molte PMI contano sulla SEO per generare traffico gratuito e ridurre i costi pubblicitari. Con l’erosione dei clic organici, affidarsi unicamente al posizionamento su Google diventa più incerto. Bisognerà probabilmente rivedere il funnel di acquisizione, integrando altri canali o strategie per raggiungere il pubblico.
Detto ciò, il quadro non è del tutto negativo né “senza via d’uscita”. È importante capire che l’impatto maggiore di SGE si ha sulle ricerche di tipo informativo puro, dove l’utente cerca una risposta rapida (definizioni, spiegazioni, consigli generici). In questi casi la risposta AI può soddisfare completamente la query e sostituirsi al click sul sito. Al contrario, per query con intento transazionale o navigazionale – ad esempio cercare un prodotto da acquistare, un servizio locale o l’accesso a un’area riservata – lo snippet AI non può concludere l’azione. Se l’utente deve effettuare un acquisto, compilare un form di contatto o navigare una pagina specifica, dovrà comunque cliccare su un risultato e visitare il sito di destinazione. In altre parole, per e-commerce e attività in cui è richiesta un’azione concreta, il traffico organico non scomparirà: l’AI potrà al massimo fornire informazioni preliminari (es. caratteristiche di un prodotto) ma l’utente dovrà poi procedere sul sito per completare l’operazione.
Anche nelle ricerche informative complesse, Google procede con cautela su certi temi. Per alcune categorie YMYL (Your Money Your Life, come salute o finanza) e argomenti sensibili, l’AI di Google talvolta non fornisce risposte generative – sia per evitare informazioni errate, sia per responsabilizzare l’utente a consultare fonti dirette. Ciò significa che in determinati settori la classica visita al sito rimane imprescindibile.
Infine, c’è un aspetto cruciale: quando Google mostra un riepilogo AI, indica comunque le fonti da cui ha tratto le informazioni. Questo rappresenta al contempo una sfida e un’opportunità. Se il nostro sito viene citato nel box generativo, il brand ottiene visibilità agli occhi dell’utente anche senza clic. Ad esempio, un portale di notizie tech potrebbe apparire come fonte in una risposta AI su “novità SEO 2025”; pur non ricevendo il click, il nome del sito viene esposto e ne rafforza la notorietà. Dunque, parte della sfida per le PMI sarà anche diventare una fonte affidabile che Google scelga di includere nei suoi snippet AI – trasformando un potenziale rischio in un vantaggio di reputazione.
Strategie SEO per l’era della ricerca generativa
Di fronte a questo nuovo scenario, è fondamentale che aziende e professionisti del marketing adattino le proprie strategie. L’errore peggiore sarebbe ignorare il cambiamento e continuare come nulla fosse: occorre invece evolvere la SEO in funzione della ricerca generativa. Ecco alcune strategie pratiche per mantenere (e accrescere) la visibilità online nell’era di Google SGE:
- Ottimizza i contenuti per gli snippet AI: Non basta posizionarsi bene nei risultati tradizionali, bisogna pensare a come farsi includere nelle risposte generative di Google. Ciò significa strutturare i contenuti in modo da rispondere chiaramente alle domande degli utenti. Utilizza paragrafi introduttivi concisi che riassumano il tema, elenchi puntati, tabelle o FAQ che racchiudano informazioni chiave. Questi elementi aiutano l’AI a estrapolare facilmente il succo del contenuto. Ad esempio, invece di un testo prolisso e dispersivo, meglio suddividere l’articolo in sezioni con titoli descrittivi (magari formulati come domande dell’utente) e fornire definizioni o step sintetici. Inoltre, inserisci dati strutturati (Schema.org) dove pertinenti – come markup FAQ, How-To, recensioni – per segnalare a Google il contesto e la rilevanza delle informazioni. Un contenuto ben organizzato e “machine-friendly” avrà più chance di essere selezionato dall’AI.
- Punta su qualità, autorevolezza ed E-E-A-T: L’algoritmo generativo di Google dà forte peso alla qualità e affidabilità delle fonti. Per emergere, i tuoi contenuti devono eccellere in ciò che Google chiama E-E-A-T: Esperienza, Competenza (Expertise), Autorevolezza, Affidabilità. In pratica, produci articoli accurati e utili scritti da persone esperte dell’argomento, includi dati originali o case study se possibile, e mantienili aggiornati nel tempo. Metti in evidenza l’autore con una breve bio (se qualificato nel settore) e cita le fonti delle informazioni più importanti. Questi segnali aiutano sia gli utenti sia l’AI a capire che il tuo sito è una fonte attendibile. Secondo Google, i contenuti “esperti” e ricchi di valore hanno maggior probabilità di essere scelti e sintetizzati dall’AI rispetto a testi generici e superficiali. Migliorare l’E-E-A-T del tuo sito non è solo buona prassi SEO in generale, ma diventa decisivo per la Generative AI: un modello AI “diffida” dei contenuti di bassa qualità e privilegia fonti autorevoli.
- Crea titoli e meta descrizioni che invoglino il clic: Nel contesto zero-click, diventa ancora più importante catturare l’attenzione di quegli utenti che vedono il tuo sito (magari citato sotto un snippet AI o comunque nei risultati) e devono essere convinti a cliccare. Assicurati che i title delle tue pagine siano chiari, descrittivi e contengano le parole chiave principali in modo naturale. Un buon titolo deve far capire immediatamente all’utente che troverà maggior valore cliccando. Anche la meta description, pur non influenzando direttamente il ranking, può aiutare a differenziarti: usala per enfatizzare un beneficio o una particolarità del tuo contenuto, così se compare comunque nella SERP tradizionale, spiccherà rispetto agli altri. Ricorda che in SGE spesso il titolo della tua pagina potrebbe essere mostrato come anchor testuale del link di fonte: un titolo efficace quindi può aumentare la probabilità che l’utente scelga proprio il tuo risultato tra quelli elencati. Allo stesso modo, cura gli elementi visivi: se il tuo contenuto include immagini pertinenti e di qualità, potrebbe capitare che l’AI le integri nel pannello (Google SGE in alcune query mostra immagini insieme al testo). Immagini accattivanti e coerenti con il tema possono fare la differenza nel catturare l’occhio dell’utente e stimolare interazione.
- Adotta una strategia “zero-click” proattiva: Se una parte degli utenti non arriverà sul tuo sito, chiediti come puoi comunque trarre valore da quelle interazioni “mancate”. Un approccio è considerare la SERP come un luogo in cui il tuo brand può farsi notare anche senza clic. Per esempio, se riesci a comparire tra le fonti citate nello snippet AI, il nome della tua azienda sarà esposto: assicurati dunque che il tuo brand name sia ben visibile (es. nel dominio o nei titoli) e che richiami professionalità. Inoltre, concentra i tuoi contenuti su intenti di ricerca specifici: meglio coprire approfonditamente un argomento di nicchia in cui puoi diventare la fonte autorevole che provare a posizionarti su temi troppo generici dominati dai colossi. Spesso le query molto specifiche (long-tail) hanno meno probabilità di avere un riassunto AI completo e l’utente potrebbe comunque cliccare per saperne di più. In ogni caso, monitora nuove metriche oltre al classico traffico: ad esempio, quante volte il tuo sito viene mostrato/citato nei risultati generativi (Google sta iniziando a fornire indicazioni in Search Console in merito). Se la piattaforma SEO che usi lo consente, analizza per quali keyword compare un AI Overview e verifica se in quelle ricerche il tuo dominio risulta tra le fonti menzionate. Questi dati ti aiuteranno a capire quanto sei “visibile” all’interno delle nuove SERP AI anche senza ricevere clic diretti.
- Continua a monitorare e innovare: La ricerca generativa di Google è in costante evoluzione. SGE è ancora giovane e Google sta aggiustando il tiro in base ai feedback degli utenti. Mantieniti aggiornato sulle novità (ad esempio tramite il blog ufficiale di Google o fonti affidabili nel settore SEO) e sperimenta nuovi approcci. Potrebbe rivelarsi utile diversificare le fonti di traffico: se il traffico organico da Google rallenta, valuta di rafforzare la tua presenza su altre piattaforme di ricerca e discovery (come Bing con la sua chat AI, o i social network dove sempre più utenti – specialmente i giovani – cercano consigli e informazioni). In parallelo, presta attenzione all’esperienza utente sul tuo sito: quando un utente arriva dopo aver letto un riassunto AI, probabilmente cerca un valore aggiunto che non ha ancora ottenuto. Offri contenuti approfonditi e strumenti utili (calcolatori, video tutorial, ecc.) che giustifichino il clic e soddisfino appieno l’intento di ricerca. Infine, misura l’impatto di SGE sui tuoi analytics: individua le pagine che registrano cali anomali di traffico e verifica se corrispondono a query ora servite da risposte AI. Questo ti aiuterà a capire dove intervenire prioritariamente.
Conclusione
L’era della ricerca generativa di Google è appena iniziata, ma sta già cambiando le regole del gioco. Per alcuni versi può sembrare la “fine” della SEO come l’abbiamo conosciuta, ma in realtà è un’evoluzione: la SEO 2026 sarà diversa ma non meno importante. I fondamentali rimangono validi – creare contenuti di qualità, allineati alle esigenze degli utenti – ma vanno applicati tenendo conto di un contesto nuovo, in cui Google funge sia da tramite sia da fornitore diretto di risposte. Le PMI e i professionisti che sapranno adattarsi velocemente a questa trasformazione potranno persino trarne vantaggio. La SGE, infatti, premierà chi offre vero valore: informazioni accurate, rilevanti e affidabili. Invece di temere la tecnologia, conviene abbracciarla: studiare come i propri contenuti vengono interpretati dall’AI di Google e ottimizzarli di conseguenza è la nuova frontiera dell’ottimizzazione, che qualcuno inizia già a chiamare Generative Experience Optimization.
In conclusione, il futuro della SEO nell’era di Google SGE richiede un mix di innovazione e solidità: bisogna innovare nelle tattiche (dai dati strutturati alle nuove metriche di visibilità), ma mantenere salda la missione di fondo che è soddisfare al meglio le domande degli utenti. Se continueremo a mettere al centro l’utente – fornendo risposte chiare, contenuti utili e un’esperienza eccellente – avremo buone possibilità di conservare (e conquistare) visibilità anche con le SERP guidate dall’intelligenza artificiale. La SEO non “muore” con l’AI generativa: semplicemente, si spinge oltre il clic, verso una visibilità che premia chi saprà essere rilevante e affidabile in ogni formato in cui vengono cercate le informazioni.
Fonti:
- Glik.it – “Google AI Overviews riduce il traffico organico: cosa devono sapere aziende e professionisti digitali”, 29 luglio 2025glik.it.
- Marketing Arena – “Cos’è e Come Funziona Google SGE: Search Generative Experience”, 2023marketingarena.it.
- Outside The Box – “I 10 Trend SEO da Monitorare nel 2026: Preparati al Cambiamento”, 9 ottobre 2025outsidethebox.it.
- HostingVirtuale (Blog) – “Google AI Mode: come cambia la ricerca e che significa per la SEO”, 4 novembre 2025hostingvirtuale.com.
- Archimedia – “L’impatto del Search Generative Experience (SGE) sul traffico organico”, 24 maggio 2024archimedia.it.